Cercasi lepre disperatamente
Mente i cinghiali continuano a infestare il territorio, riceviamo e volentieri pubblichiamo questo articolo dello zoologo Giuseppe G. Bellani, che sta scrivendo un libro sulla fauna dell’isola di San Pietro
All’inizio della colonizzazione dell’isola San Pietro, dopo il 1738, i tabarchini che tentarono le prime colture agricole furono rovinati dalla grande quantità di conigli selvatici. Col tempo, il numero dei conigli venne ridotto e i raccolti crebbero tanto da permettere lo sviluppo di Carloforte. Ma com’era la fauna sull’isola prima del loro arrivo? Un documento senza firma e senza data (compilato forse tra il 1698 ed il 1710), che si trova nell’Archivio di Stato di Cagliari, nel Volume 1287, fogli 415 e 416 – intitolato “Relazione della grandezza qualità del terreno, il loro produto, dell’Isola di San Pietro, Isola Piana, e territori d’Iglesias” – la descrive: “non vien habitata da alcuna Persona, ma bensì da un infinnità d’ animali selvatici come Cervi, Caprioli, Daini, Moffoloni, Caproni, Cavalli, Lassini e Lepri”.
Teniamo presente che all’epoca le conoscenze zoologiche non erano progredite per cui non sappiamo quanto sia attendibile questa descrizione della fauna dell’isola. Certamente i caprioli in Sardegna non sono mai arrivati ed è logico pensare che i “moffoloni” fossero mufloni, ma anche che per “Lassini” si intendesse Lapini (dal francese “lapin”=coniglio), quindi conigli selvatici. Caproni e cavalli potrebbero essere stati introdotti dall’uomo, quanto a cervi e daini, all’epoca ben distribuiti in Sardegna, potrebbero essere giunti sull’isola di San Pietro spontaneamente o ad opera dell’uomo, (pratica che i marinai erano soliti fare per procurarsi carne fresca).
Forse non calcolavano che un’isola medio-piccola come la nostra non poteva, dal punto di vista ecologico, sopportare una ricca popolazione di questi grossi ungulati, che hanno bisogno di una notevole quantità di aree con abbondante vegetazione (ciò vale anche per i cinghiali, che nel documento non vengono comunque nominati). Oggi infatti non vi si trova più nessun esemplare di queste grosse specie selvatiche. Ciò che però ci interessa far notare è che i relatori del testo nominano le “lepri”.
La presenza della lepre sull’isola di San Pietro è posta in discussione da alcuni e data per certa (almeno storicamente) da altri. Anche il professor Massimo Scandura dell’Università di Sassari, che si è occupato in passato di pubblicazioni riguardanti la specie, non è in grado di dare una risposta sicura. Mentre il professor Marco Masseti, esperto in fauna delle isole del Mediterraneo ed ex cattedratico dell‘Università di Firenze, ne certifica la presenza1 basandosi anche su una importante pubblicazione redatta dal Ministero dell’Ambiente: “Mammiferi d’Italia” 2 ad opera del dottor M. Spagnesi ex Direttore dell’Istituto Nazionale della Fauna Selvatica (INFS oggi sostituito da ISPRA).
L’assessore all’ambiente del Comune di Carloforte, Gianni Verderosa, contattati alcuni cacciatori locali, mi fa sapere che, a loro memoria, sull’isola non si è mai incontrata più alcuna lepre. Ciononostante in tabarchino il termine “lepre” esiste ed è “Léve”3.
Le lepri e il coniglio selvatico (Famiglia Leporidae) con il Prolago sardo (fossile della Famiglia Ochotonidae) appartengono tutti all’Ordine dei Lagomorfi o Duplicidentati. Si tratta di un Ordine ben distinto da quello dei Roditori (topi, ghiri ecc.). I più antichi Lagomorfi sardi risalgono al Miocene e sono tutti estinti. Le lepri del Genere Lepus sono arrivate nella penisola italiana e l’hanno colonizzata a partire dall’Europa circa un milione di anni fa, ma non hanno mai raggiunto la Sardegna, che all’epoca era già separata in un sistema sardo-corso4 ben distante dalla costa italiana.
L’odierna Lepre sarda (Lepus capensis mediterraneus) è stata importata in Sardegna da popoli Protostorici provenienti dal Nordafrica, (Fenici e/o Punici), forse verso l’XI secolo a.C; infatti le analisi genetiche (anche se non ancora definitive) rivelano le sue parentele con le lepri africane (Lepus capensis) e non con quelle dell’Italia del Nord (Lepus europaeus) e dell’Italia del Sud (L. corsicanus). La lepre sarda è distinguibile anche per alcuni caratteri anatomici, ad esempio è molto più piccola delle altre specie italiane e supera di poco i 2,5 kg, contro i 4/5 kg delle altre.
Sarebbe comunque interessante capire se la scomparsa della lepre dall’isola di San Pietro è effettivamente avvenuta e magari realizzare un piccolo programma di studio sia per capirne le ragioni, sia per iniziare un progetto di reintroduzione, visto anche che nel cantiere forestale di Forestas a Pantaleo (Santadi) esiste un centro per l’allevamento ed il ripopolamento della lepre sarda, con lo scopo di impedire che questa rara specie endemica si estingua in tutta la Sardegna.
1- Marco Masseti, Terrestrial mammals of the satellite islands of Sardinia (Italy) , Biodiversity Journal, 2019, 10 (4): 373–382
2- SPAGNESI M. e A. M. DE MARINIS (Eds.), 2002 – Mammiferi d’Italia. Quaderni di Conservazione della Natura, 14. Ministero dell’Ambiente – INFS
3- http://www.hieracon.it/Dialetto/12-voc_l.php
4- C. Angelone et altri Contribution of fossil Lagomorpha (Mammalia) to the refinement of the late Miocene–Quaternary palaeobiogeographical setting of Italy Comptes Rendus Palevol, Volume 18, Issue 3, 2019, pg 1025-1040
Giovanni G. Bellani
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