Cinghiali: lo strano caso dell’isola di San Pietro
Problemi e possibili soluzioni tra cacciatori, bracconieri e carlofortini preoccupati dall’invasione
La stagione venatoria finisce giovedì, secondo il calendario regionale sardo. Da venerdì 31 gennaio non si possono più cacciare i cinghiali. Ma sull’isola di San Pietro molto probabilmente i bracconieri continueranno ad agire di notte, in quello che ormai è diventato un divertimento fuori controllo per una manciata di residenti armati di fucile. E un grave problema per tutti gli altri. Se i cacciatori regolari a Carloforte sono una trentina, molti ormai appartengono una compagnia di caccia al cinghiale che si chiama Baraché (come il ristorante) e sostengono di aver catturato circa 20 esemplari, gli irregolari sono un numero imprecisato: quante bestie abbiano ucciso (e come) non è dato sapere. Si parla di bracconieri anche senza licenza, a volte senza porto d’armi, che si appostano dopo il tramonto oppure mettono lacci di acciaio per terra così da intrappolare le prede, agonizzanti se non vengono freddate per tempo. Non è raro vedere macchie di sangue al Becco o a Nasca, dove la presenza di acqua attrae le famiglie di cinghiali e i loro predatori. Come già segnalato da Carloforte Magazine due anni fa, questi animali selvatici sono stati portati sulla nostra isola abusivamente, anche se qualcuno sostiene che siano arrivati a nuoto da Calasetta (leggi l’articolo Cinghiali sull’isola di San Pietro: sono arrivati in traghetto o a nuoto?).
Sono secoli che gli uomini per interessi personali di svariato tipo hanno introdotto nell’ambiente nuove specie. Ogni volta il risultato è stato lo stesso: un disastro per il territorio che si trova impreparato a ricevere questi alieni, soprattutto se è circondato dal mare. I cinghiali mangiano un po’ di tutto, sono invasivi e tendono a distruggere l’habitat che li ospita, in particolare se non è quello dove si sono evoluti. I danni alle colture, alla sicurezza, alle altre specie sono esponenziali. La natura ha impiegato milioni di anni a creare un sistema ambientale in perfetto equilibrio. Tutto questo funziona da prima che l’uomo comparisse sulla Terra per cominciare a fare danno. Questo tipo di armonia è un meccanismo molto complicato dove ogni cosa è collegata a un’altra come gli anelli di una catena.
Spiega lo zoologo Giuseppe Bellani “La pericolosità dei cinghiali sull’isola di San Pietro è dovuta anche al fatto che questa specie è dannosissima per gli uccelli che nidificano sul terreno come i Charadriiformi (gabbiani, corrieri , pivieri, cavalieri d’Italia ecc), i Rallidi (Gallinelle, Folaghe, Porciglione) i Marangoni dal ciuffo, il succiacapre e altre specie che potrebbero rischiare la scomparsa”.
Oggi la popolazione di cinghiali sull’isola è stimata in 80 esemplari. Si tratta di quelli piccoli, sardi, dal peso di 35-40 kg e sono diventati un diversivo nel menù di alcune famiglie. “Appena li catturiamo mandiamo i campioni all’Asl, prima di farli cucinare” sottolinea Paolo Napoli, grande appassionato di caccia grossa. Le battute sono regolarmente segnalate con cartelli, ma questo non basta a rendere il tutto accettabile per la maggioranza della popolazione. Molti per paura dei cinghiali, dei cacciatori e delle trappole hanno dovuto rinunciare alle loro passeggiate in campagna.
Nel 2023 e 2024 ci sono state segnalazioni da parte del Comune all’Ispettorato ripartimentale di Iglesias- servizio territoriale, che evidentemente non sono bastate.
“L’introduzione illegale del cinghiale sull’Isola di San Pietro è, da qualche tempo, un problema molto serio che abbiamo fin da subito affrontato con le autorità competenti, interessando innanzitutto la Provincia e la Forestale” dice il Sindaco di Carloforte, Stefano Rombi. “Recentemente ho preso contatti con Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale) sia informalmente sia attraverso note ufficiali, includendo nelle comunicazioni anche l’assessorato all’ambiente della Regione, la Provincia e la Forestale, con i quali vi è un continuo scambio di informazioni. La Provincia sta predisponendo il piano di controllo della specie. Peraltro, ho già comunicato a tutti i soggetti che il Comune è disponibile a investire anche risorse proprie, coinvolgendo società specializzate, che possano aiutarci nella eradicazione totale dei cinghiali dal nostro territorio. Il contenimento, infatti, per quanto possa essere positivo nel breve periodo, non deve farci perdere di vista l’obiettivo di medio-lungo periodo: l’eradicazione totale di una specie alloctona che, così come Ispra ci ha confermato, non ha condizioni di vita adeguate in un territorio come il nostro e, soprattutto, rischia di compromettere irrimediabilmente un equilibrio naturale che, pur tra molte difficoltà, si è conservato nel tempo. L’attenzione mia e di tutta l’amministrazione è massima”.
Per il momento si raccomanda di fare attenzione alle trappole dei bracconieri, in particolare se si lasciano i propri cani liberi. E di non mangiare carni di cinghiale se non sono state controllate dal servizio veterinario della ASL con esami specifici per evitare l’intossicazione alimentare dal parassita Trichina spiralis, che si trasmette all’uomo. Questi piccoli vermi producono circa 1500 larve ciascuno, che entrano nei vasi sanguigni e si diffondono nei muscoli, dove si incistano. Le conseguenze? Febbre, dolori intestinali, diarrea, infiammazioni e dolori muscolari intensi.
Precisa lo zoologo Giuseppe Bellani:“ La peste suina africana fortunatamente è stata debellata in Sardegna. Più pericoloso invece il consumo di carni di suini selvatici (cinghiali) o domestici allevati allo stato brado per quanto riguarda la Trichinosi causata da un verme parassita dei Nematodi (la Trichinella). Il decreto regionale 27 del 2007 obbliga di sottoporre a esame trichinoscopico tutti i cinghiali cacciati in Sardegna. Con questo provvedimento dell’assessore all’igiene e sanità, al pari di quanto avviene in altre regioni italiane e per garantire la sicurezza alimentare degli stessi cacciatori, si è disposto che ciascun cinghiale abbattuto venga sottoposto ad esame effettuato sui campioni di muscoli diaframmatici”.
Secondo l’Ispra per l’anno prossimo si dovrebbe evitare di aprire la caccia a Carloforte per rimuovere attraverso catture gli animali presenti sull’isola. E per eliminare il bracconaggio si potrebbe fare un’ordinanza di abbattimento immediato di tutti i cinghiali, sentita la Regione e il Corpo Forestale regionale.
Susanna Lavazza e Walter Zappon