Funerale della sanità pubblica nel Sulcis Iglesiente fissato per venerdì 9 giugno davanti all’ASL di Carbonia

Gianfranco Grosso lancia l’allarme per la medicina territoriale. Dal 16 giugno tornano gli infermieri sulle ambulanze di Carloforte

Venerdì 9 giugno a Carbonia ci sarà un funerale molto particolare. L’appuntamento è per le 16 in via Dalmazia, davanti agli uffici della ASL. Ciascuno è invitato a portare un fiore da mettere sulla tomba della sanità pubblica nel Sulcis Iglesiente. Sembra una provocazione quella di “Sinistra futura” e di un gruppo di cittadini, anche carlofortini, che hanno organizzato l’evento, ma è un dato di fatto. Registra i disagi dei 23 Comuni gravitanti sugli ospedali di Iglesias e Carbonia, sempre più in affanno. “Ci sono fette della popolazione prive di medici di famiglia e pediatri” si legge nel comunicato “e la possibilità di fruire di una visita specialistica è un sogno che si realizza quasi sempre  viaggiando e rivolgendosi al privato. Troppo spesso si verificano sospensioni del servizio per motivi ingiustificati, come quella delle analisi ematiche. E’ in corso una palese e grave negazione di diritti essenziali che avviene in costanza di un disordine organizzativo dove non è dato sapere, all’incolpevole utente-vittima, chi è responsabile e di che cosa”. 

In un quadro italiano dove mancano 30 mila medici, 70 mila infermieri e 100 mila posti letto; all’interno di una Regione che continua a cambiare le regole (ASL poi ATS centralizzato poi di nuovo ASL) ed è reduce dalla malagestione della pandemia, l’estremo Sud Ovest della Sardegna paga conseguenze ancora più gravi all’insularità. 

Per chi sta su un’isola minore, poi, raggiungere un Pronto Soccorso che sia tale di nome e di fatto può diventare un miraggio. “Da 38 anni chiedo che la nostra sia considerata sede disagiata” esclama Gianfranco Grosso, medico di base e assessore alla Salute del Comune di Carloforte fino all’anno scorso. “Il problema è anche la sanità territoriale: quando andranno in pensione quelli della mia generazione il rischio è che la figura del medico di famiglia sparisca”. Oggi sull’isola di San Pietro ce ne sono sei (per circa 6000 abitanti) e quattro hanno in carico anche i pazienti di Calasetta, sull’isola di Sant’Antioco, che pur appartenendo a un altro distretto è rimasta con gli ambulatori scoperti. A Carloforte non c’è un vero e proprio pronto soccorso né guardia turistica. La guardia medica sopperisce con 3 figure professionali (uno anche medico di base) dalle 20 alle 8 e durante i festivi e prefestivi, mentre a un recente bando hanno risposto solo 4 su 8 medici che avevano vinto per coprire i turni diurni, da lunedì a venerdì. 

“Per le vere emergenze ci vorrebbero almeno due medici, anestesisti e rianimatori, e un infermiere specializzato sull’ambulanza tutto l’anno” prosegue Grosso, “purtroppo anche il mio progetto per costruire l’eliporto a Carloforte è stato travolto dal Covid quando mancavano sei mesi alla fine del mio mandato”. Come noto, per mancanza di adeguata illuminazione e piattaforma, l’elisoccorso sull’isola di San Pietro è attivo solo di giorno. Da novembre anche la rotazione di infermieri professionisti sulle ambulanze della Croce Azzurra (il cosiddetto “servizio India”) è stata sospesa h 24. Durante il recente Girotonno la prestazione dei volontari con le divise arancioni fosforescenti è stata essenziale, visto il grande afflusso di turisti. Ma si può continuare a far affidamento sui volontari, sempre più rari? Il servizio India dovrebbe riprendere sabato 16 giugno: in vista della stagione estiva torneremo ad avere soccorritori professionali a bordo dei mezzi della Croce Azzurra. Tuttavia il problema della sanità territoriale resta. Se è vero che la salute è il bene più prezioso che abbiamo, dobbiamo averne cura ed essere disposti a lottare per difenderla e far rispettare i nostri diritti. Si sa che un’isola è come una nave in mezzo al mare e per certi versi lo sono anche le pratiche burocratiche. Quando finiscono in secca può essere per cause naturali o perché qualcuno ha interesse a mandarcele. “La sanità pubblica tra qualche anno non esisterà più”  dice senza mezzi termini Gianfranco Grosso “Sono scelte politiche. Anche se con la nuova legge hanno aumentato il numero massimo di pazienti di ogni medico di base, fino a 1800, e l’età pensionabile a 72 anni, su richiesta. Anche se sbloccheranno il numero chiuso nelle facoltà universitarie. Si va verso un modello americano, asettico. Ci saranno le cooperative che daranno lavoro ai giovani medici e li pagheranno meglio. Ma seguiranno i protocolli, forse ruoteranno in base ai giorni e non avranno il rapporto di fiducia che abbiamo con i nostri pazienti”. 

Susanna Lavazza e Walter Zappon